lunedì 27 febbraio 2023

La giostra dei linguaggi

 

Una sequenza fotografica. Siamo nel 1993. In uno dei tanti conflitti interni dopo la caduta del muro di Berlino. Il soldato è in finestra e ha sparato centrando il suo bersaglio. Una gioia ferina lo attraversa. Dall'altra parte della strada c'è ora un morto e una pozza di sangue che si allarga. Una vita interrotta nella dinamica ottusa della guerra che rende plausibile l'orrore della morte violenta degli altri e anche la tua. A scattare la foto è Malcolm Linton, fotografo anglo statunitense che dal 1989 ha raccontato gli scenari di crisi del pianeta rischiando la pelle nella migliore tradizione dei fotonarratori che usano focali corte per stare dentro la scena e sentirne l'odore e il rumore e la maledizione della paura e scappare e ripararsi e, peggio, morire.








Mi colpisce la faccia del cecchino. La bocca spalancata e l'occhio allucinato e quella gioia che ha un sentore acido e tossico. Una foto che ti attrae e ti respinge contemporaneamente. Un viaggio al termine della notte. E della vita.  Scopro la foto all'inizio del nuovo millennio mentre faccio la ricerca iconografica per l'ennesimo manuale di storia e resto lì, sepolto dalle bozze della mia scrivania in redazione, a guardate. In quei giorni è uscito un mio libro per Ricordi sulle canzoni di Fabrizio De Andrè come fonte storica e d'istinto comincio a scrivere un testo, forse dei versi, forse solo degli appunti. Ho armadi pieni di appunti scritti a mano su quadernetti, sempre con le stesse penne stilo. Mi telegfona Giovanni Battaglino. Stiamo portando in giro insieme al suo gruppo, Le Malecorde, uno spettacolo su De Andrè e io come mi capita da tutta la vita, racconto storie al pubblico. Senza un testo, direttamente a voce, cambiando e improvvisando da una data all'altra. Giovanni mi chiede se ho un testo da adattare a una canzone. E gli mando quegli appunti senza spiegargli la storia del cecchino e tutto il resto. Solo un testo in cui immagino lui alla finestra nascosto e il percorso del proiettile e la giostra di quelli che passano e che non sanno che il destino sta prendendo le misure dei loro ultimi istanti. 

Una sera sono sul palco con le Malecorde e mi fanno la sorpresa di quei versi messi in musica e io racconto al pubblico e anche a loro cosa mi ha spinto a scrivere La Giostra. Non me lo ero spiegato bene nemmeno da solo.

Ora è uscito l'ultimo disco di Giovanni Battaglino e si intitola "Ricominciare dalle parole". Dentro c'è anche "La giostra". L'ha riletta come la sentiva, è diventata una cosa sua e resta anche mia. Ha scelto di raccontare con atmosfere lontanissime da quelle che mi hanno fatto scrivere e questa è la magia dello scambio da una foto, a un libro, alla rete, alla canzone e di nuovo in rete. La molteplicità dei linguaggi che si intreccia e si misura. Chissà che canzone avrebbe scritto Malcoln Linton sulla sua fotografia e chissà che musica ascoltava il cecchino e se è vivo o se è morto. La canzone è vivissima e la potete ascoltare con tutto il disco a questo link.